Dal caso Pedro al modello Atletico San Lorenzo: il pezzo curato da De Simoni e Noè su Sky Sport Insider

Dal caso Pedro al modello Atletico San Lorenzo: il pezzo curato da De Simoni e Noè  su Sky Sport Insider

In Italia il calcio è rito collettivo, identità popolare, passione che abbatte i confini sociali. Ma succede anche che ne vengano delimitati altri. Per qualcuno, ancora oggi, l'orientamento sessuale o l'identità di genere sono pretesto per l'insulto. Ma c'è anche un altro calcio, che sta crescendo silenziosamente sui campi di periferia e nelle piccole società, e che punta a trasformare il pallone in un'arma contro l'odio.

Poche settimane fa, una brutta vicenda ha coinvolto il figlio di Pedro, attaccante della Lazio. Un episodio di bullismo e insulti omofobi, subito denunciato dal calciatore, che ha raccontato la sofferenza del ragazzo e la propria indignazione.

La discriminazione non risparmia nessuno, nemmeno chi cresce sotto i riflettori della Serie A. "Non è solo una questione di calcio," ha dichiarato Pedro, "ma di educazione e rispetto. È tempo di cambiare mentalità." C'è chi ha accolto le sue parole come un atto coraggioso, e chi ha minimizzato, parlando di "ragazzate". Eppure, i dati parlano chiaro: secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio per lo Sport Inclusivo, oltre il 35% dei giovani sportivi LGBTQ+ ha subito episodi di discriminazione diretta sul campo o negli spogliatoi.

L'ALTRA FACCIA DEL CALCIO: L'ATLETICO SAN LORENZO

A Roma, nel cuore del quartiere di San Lorenzo - un mosaico di storia popolare, cultura alternativa e resistenza sociale - c'è una squadra che ha fatto dell'inclusione la propria bandiera: l'Atletico San Lorenzo. Nata nel 2010 dall'idea di un gruppo di amici e attivisti, la società è cresciuta attorno a un principio semplice: il calcio appartiene a chi lo ama. Qui non si guarda il tesserino, il cognome o l'orientamento sessuale: si guarda come passi la palla. Il loro campo, ricavato da un'area abbandonata, è diventato un punto di riferimento per il quartiere. Non è raro vedere partite dove ci sono ragazzi nati a Roma, migranti appena arrivati, studenti universitari fuori sede e giocatori e giocatrici dichiaratamente LGBTQ+. Le tribune, più che gradinate, sono un abbraccio di amici, parenti e vicini di casa.

Il club partecipa regolarmente a tornei contro il razzismo e l'omofobia, e organizza laboratori nelle scuole per parlare di inclusione. "Noi siamo una squadra di calcio, ma anche un progetto culturale", dicono i fondatori. La maglia granata porta il nome di San Lorenzo, ma idealmente potrebbe essere indossata da chiunque creda che un passaggio e un sorriso possano valere più di mille barriere.

Abbiamo incontrato il mister Lorenzo Diana, allenatore della prima squadra che milita nella seconda categoria laziale. Ci siamo visti al campo tra striscioni che ti fanno sentire subito parte di una comunità, con scritte come "Il calcio è di tutti" e "Love is love". Ci racconta subito che l'Atletico San Lorenzo è una polisportiva popolare che fa della partecipazione collettiva e condivisa il suo pilastro fondativo: "Tutti gli atleti e le atlete, i tifosi e le tifose partecipano alla vita della società tramite l'azionariato popolare. La macchina dell'Atletico funziona per la disponibilità di tempo, di capacità e conoscenza che ognuno di noi mette a disposizione, dal singolo calciatore ai dirigenti e agli allenatori. Questo vale sia in campo che per la nostra bellissima sede che è stata costruita grazie al lavoro manuale di tutti noi. La nostra filosofia è garantire il diritto allo sport per tutti quanti, le porte dell'atletico sono aperte a tutti e tutte e troviamo sempre delle soluzioni per gestire anche dei numeri superiori a quelli di una rosa per partecipare a un campionato federale".

Come vi accolgono gli avversari?
"Penso che il calcio dilettantistico sia molto meglio della narrazione che spesso ne viene fatta. Al netto dello scontro sportivo, nei nostri confronti riscontro sempre grande rispetto. Il più delle volte gli allenatori e/o dirigenti avversari apprezzano il nostro comportamento, applaudono i nostri tifosi e ci stringono la mano, apprezzando il nostro progetto. Siamo l'unica squadra in Italia dove un giocatore tesserato FIGC ha fatto coming out e Lgbtq+ Friendly. Siamo tra le pochissime squadre ad avere una dirigente. La squadra di calciotto ha fatto partecipare una calciatrice a un torneo maschile. Certo, capita a volte che il nostro orientamento di apertura e di inclusività faccia storcere la bocca a qualcuno, ma è parte di un processo di cui ci sentiamo ambasciatori. Gli episodi negativi sono veramente pochi a mia memoria. Il calcio dilettantistico è meglio di quello che si pensa".

Il calcio quindi può cambiare davvero la società?
"Il calcio può cambiare la società sia per i valori veicolabili direttamente e indirettamente. Attraverso lo sport si possono esprimere concetti di inclusività, di altruismo, di solidarietà, di generosità, di condivisione, l'idea del collettivo, di comunità. Il mondo sportivo unito può mandare messaggi forti che possono quantomeno influenzare la società e probabilmente cambiare qualcosa specialmente nelle nuove generazioni".

DATI E INIZIATIVE CONTRO L'OMOFOBIA NEL CALCIO. IL QUADRO ITALIANO

Secondo l'Associazione Italiana Calciatori, il 28% dei tesserati ha assistito almeno una volta a episodi di omofobia durante una partita. Attenzionando questa tendenza, dal 2021 la FIGC ha introdotto un protocollo per sanzionare cori discriminatori, con multe e sospensione delle gare.

Per quanto riguarda la lotta all'omofobia, anche la Lega Nazionale Dilettanti sta portando avanti un percorso insieme alle associazioni LGBTQI+. Campagne di comunicazione e di sensibilizzazione come quella dello scorso maggio, "tattiche contro l'omofobia". Con queste mobilitazioni, oltre a voler sensibilizzare il mondo del calcio dilettantistico, si vuole sottolineare l'importanza dell'inclusione anche a livello agonistico, specialmente se parliamo di calcio giovanile, dove i ragazzi, che si trovano in un'età complicata, devono sentirsi accolti e a proprio agio per poter riuscire a dare il 100% in campo.

Storie come quella dell'Atletico San Lorenzo mostrano che un altro calcio è possibile.

Un calcio che non teme la parola "inclusione" e che anzi la esibisce come un trofeo. Il caso Pedro ci ricorda che la battaglia è tutt'altro che finita, ma che esistono strumenti concreti per combatterla. A volte può bastare un pallone, un campo e la voglia di giocare insieme. Perché in fondo, quando la palla rotola, non esistono etichette ma solo compagni di squadra.